mercoledì 18 marzo 2020

La terapia collettiva

Non lo so quanto durerà. Nessuno lo sa.
So solo che mi sto abituando a NON uscire.
Mi sto abituando a questa nuova routine, sicuramente nuova, sicuramente strana.
Ho smesso di “disperarmi” già da qualche giorno e come dicevo ad un’amica qualche giorno fa: è solo quando accetti le cose, che te le “godi”.
È solo quando ti arrendi a cose contro cui non puoi combattere, che magari poi vinci.
Sottolineo il “magari poi” perché é strana questa bolla in cui stiamo vivendo.
È strano sentirci così tante volte al giorno, videochiamarci e ogni giorno che passa chi ti “entra in casa” diventa sempre più “di casa”.

Chissà perché si fanno vivi i sentimenti dell’adolescenza.
Sembra forse una Smemoranda in cui vorrei tornare ad immergermi.

A tratti sembra quasi di stare al mare in quelle notti che passavamo in spiaggia a guardare le stelle e c’era sempre quello che ne sapeva (o fingeva benissimo di saperne) di costellazioni e ci incantava tutti per ore… e poi arrivava sempre qualche “confessione” di qualcuno, qualcosa che sapevamo sarebbe rimasto lì tra la sabbia e le stelle e nessuno avrebbe mai portato fuori da lì.

Non so a voi, ma a me tutte le persone che stanno “entrando in casa” si aprono assai e io faccio lo stesso con loro. Ci stiamo raccontando tantissimo, stiamo abbassando le difese, tutte le maschere che siamo soliti portare ed è una terapia collettiva. 

È veramente una cazzo di terapia collettiva.

Non nascondiamo più le paure, ci avete fatto caso?
E non vedo spade puntate.
Non vedo lance all’orizzonte.
È bellissimo❤️


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