lunedì 16 marzo 2020

La pandemia del caos

La pandemia pose fine ad ogni attesa.
Riemersero dal passato come funghi.
Sentivano la fretta di aprirsi, nonostante mancassero ancora più di 2 settimane all’ipotetica via d’uscita.
In realtà nessuno credeva che sarebbero bastati altri 15 giorni per uscire da quella situazione.
E allora iniziarono a rincorrere il tempo.
Il tempo perso, il tempo mancato, il tempo taciuto.
Esasperata ricerca di bellezza.
Disperata condivisione costante.

Mentre cercavo di rendermi conto dove cazzo fossi, mi accorsi di sentire il bisogno di tacere, il bisogno di stare in silenzio e ascoltarlo.
Iniziai a spegnere il telefono per alcune ore al giorno.
Dovevo RESPIRARE, DA SOLA, come ho sempre amato fare.
La condivisione pressava in alcuni momenti fino a togliere l’aria.
Iniziai ad adorare il silenzio.
Iniziai ad adorare alcuni aspetti di quell’assurda realtà, ma sentivo che avrebbe tirato fuori un’ondata di verità.

Non sapevo quanto sarebbe durata, nessuno poteva ipotizzare qualcosa di valido.
Cercavo di non cedere alle paure, cercavamo tutti di non farlo e tenerci forti le nostre difese immunitarie.
Ma erano cazzate e me ne accorsi dalle Stories di Instagram: alla ventesima capì che stavamo cedendo, ognuno a modo suo.
Mi augurai che non sarebbe andata avanti così per altri 15 giorni.
Mi augurai che avrebbero rallentato le condivisioni di qualunque challange e diminuito le frenetiche connessioni.
Ma nel momento stesso in cui lo feci, mi resi conto che anche questa era una cazzata.
L’avrei scoperto solo POI.

Mi promisi di provare dal giorno successivo a riprendere le redini del calendario e cercare di ricordarmi che giorno fosse.




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