mercoledì 23 giugno 2021

E abbandono questa riva, con un leggero nodo in gola che un po' mi strozza.


E abbandono questa riva, con un leggero nodo in gola che un po' mi strozza.

Nella completa libertà e lucidità di pensiero cedo spazio, lo spazio per me.


Ho creduto per un attimo di vedere un orizzonte e rimettere al suo posto quel cuore sotto braccio. 


Ma nell’imprevedibilità del non detto e negli abbagli dell’alba, mi ritrovo a capire (di nuovo) che l’amore è una cosa semplice, proprio come le onde del mare che non si arrestano, non le puoi fermare o comprimere o rimandare indietro.


Lascio la riva e abbandono l’ingarbuglio che non fa per me.


Nell’incostanza ho trovato la necessità della costanza di SENTIRE, DIRE, CAMMINARE e CONDIVIDERE.

Riprendo a camminare riempiendomi gli occhi e liberandomi ad ogni passo, stravolgendo anche l’immagine di me in cui mi ero specchiata negli ultimi anni.


Sorrido perché sono consapevole. La stessa consapevolezza che in altri momenti mi ha atterrato o colpito con sferzate inaudite di indifferenza.


Sorriderò meglio domani.


E al cavaliere dell’insicurezza e dell’apparenza auguro coerenza.


Ad ogni passo sento a tratti di sentirmi un po’ ridicola per aver creduto, ma poi mi ricordo di quello che ho sotto il braccio e con tenerezza capisco che va bene così, essersi mostrati vulnerabili e umani non è mai qualcosa di cui vergognarsi.


Voglio restare fedele a me stessa.

Oggi più che mai.

Voglio restare fedele ai sentimenti, sempre.


“Cosa credi che il cuore sia un muscolo di marmo?” Cit. Pino 






“È stato come volare, qui dentro camera mia” Cit.


"Eh, o sai comme fa o core quann s'è sbagliat, no?" Cit.


giovedì 3 giugno 2021

Lo show

Quella sera avrei voluto che mi rastrellassero i pensieri.

L’angoscia si faceva spazio allargandosi nelle terminazioni nervose, come un virus. 

Quando i chilometri dalla realtà che non volevo vedere si riducevano, lei era lì, pronta a prendere il suo posto in prima fila.

E sapevo che lo spettacolo sarebbe stato lo stesso.

Anche quella volta avrei indossato la maschera, ormai ero marchiata a fuoco, anche da me stessa.

Ma ogni volta era come se gli abiti di scena non fossero pronti, ancora da lavare e stirare.

Come se trucco e parrucco ancora non fossero stati decisi e la scenografia ancora da costruire.

Forse perché come ogni volta, avrei non voluto partecipare a quello show.


Per me, vivere quei giorni era una condanna.

Ero condannata a vedere la realtà, per quella che era.

Per quella che era da anni.


Ero condannata a custodire nel cuore un ricordo meraviglioso su un’amaca sotto le stelle a sentirmi protetta e avere la consapevolezza che sarebbe stato per sempre. E invece la consapevolezza del lungo presente era che non mi aveva protetta. Mi aveva lasciato crescere come l’erba sul ciglio di un marciapiede, adattandomi fino a fiorire, tra acqua piovana e piscio di cane.

Realizzai che da quel loop non sarei mai uscita. 
Realizzai anche sì, che ero stata capace di fiorire, ma poco mi importava in quel momento.
Avrei voluto essere ovunque, tranne che lì.



"... passann riestam a guardà
si rir e nun l'avessa fa