mercoledì 3 agosto 2022

La tana

Iniziai a sentire da lontano la mia spiaggia.

Chiusi gli occhi e immaginai l’esatto momento in cui mi sarebbe apparso quell’angolo di mondo in cui mi sentivo ancora a casa.

Sorrisi.

Si vanificò il peso di ogni responsabilità

Il pensiero del futuro corse via come se fosse arrivata la pizza ordinata a domicilio a domare finalmente quella fame chimica.

Il sorriso si affacciò sul balcone delle labbra, poggiando la faccia sulle mani e su quelle braccia che formavano un’apertura a V verso il cielo, sulle scarpe dei gomiti fermi.

E la commozione non tardò ad arrivare.


La sentivo lì.

Mi sentivo lì.

Saremmo state ancora una volta lì.


Ondeggiando tra ricordi di fiabe e voglia di scriverne di nuove.

Ammorbidendo ogni muscolo per plasmarlo sulla sabbia calda.

Ritrovando il valore di ogni cosa. 

Era tutto pulito davanti al mare.

I piedi di polvere e sabbia, grigi e sereni.




Ci vediamo presto. 

giovedì 28 luglio 2022

Le mani in faccia

 


Il sipario crollò.
Tutti videro il backstage.
Il protagonista era in mutande. E per quanto quella fosse un’immagine quotidiana e scontata nelle case di ognuno, tutti i giorni in ogni cazzo di vita, lì provocò un rumoroso turbamento nel pubblico.
La normalità incuteva sconcerto.
Strozzò forte le mani intorno alla gola. Mancò a tutti il respiro.
Non volevano guardare. Non volevano guardarSi.
Non volevano accettare quella tiepida emozione in instabile equilibrio.
NON VOLEVANO.
Non volevano togliere quella patina di sporco da quell’etichetta arrugginita per cui avevano impiegato ogni azione quotidiana, ogni sgradevole routine, ogni energia.

E non c’era campo.
Non c’era Stories di uscita, non c’era condivisione che potesse trasformare quel momento in puro spettacolo.

C’era la realtà.
C’erano le mutande di quell’attore protagonista. Le mutande di tutti, quelle che andrebbero tolte per meglio avvertire il benessere o il malessere del caso. Ogni caso a sé.
(Ma il caso non esiste!)
Furono costretti a farsi domande. I punti interrogativi aleggiavano tra le poltrone di velluto, sulle teste come aureole. Qualcuno si coprì il viso con le mani.


A tanti la pandemia non aveva insegnato un cazzo.

wolf ___wounded



Ci accarezziamo le ferite del passato, non importa chi sia stato a colpire.

Ci scrutiamo con dichiarata consapevolezza. 

Con la speranza di essere meno istintivi ma più intuitivi.


Ci accarezziamo nel silenzio della Grande Luna.


Ci auguriamo che il nostro sentire possa bastare. 

Un silenzio enorme

Le scarpe erano lucidate. Erano pronte, poi in una piena di giravolte e passi di grande equilibrio, sguardi incantevoli e sorrisi, una potente folata di un vento del Nord ha freezzato la scena. 

Rimasero così: immobili. 

Tranne i suoi occhi. 

Erano gli unici che già sapevano.

Erano andati OLTRE. 

Oltre il freddo, oltre il silenzio, oltre la paura, oltre l’ascolto uditivo. Sentivano.

Era sempre stato così.

Un destino scritto.

Un’attesa di stelle sotto un cielo che sembrava di plastica. 

Una palpabile attesa. 

Un frame già ripetuto.


Riprese anche la musica, come ogni volta.


"Damme n’abbraccio, primma ca è tard, primm ca scinn, primm ca nun sì cchiù a stess, primm ca o mument nunn è cchiù chist, primm ca o mument nunn è cchiù o mument giust"

 



martedì 12 luglio 2022

Paura

 All’improvviso la paura andò via, offesa.

Aveva soggiornato in un resort a 5 stelle, che in realtà non esisteva. Le avevano fatto firmare un contratto senza valore.

Aveva gestito la struttura in maniera esemplare, ma quando capì che non ci avrebbe guadagnato nulla, preparò TUTTI i suoi bagagli.


Le avevano mentito. 


Era tesa, era tesissima.

Era incazzata nera.

Aveva investito tanto in quel progetto, così tanto che le sue energie si autorigeneravano, non le era mai successo prima. 

Una macchina da guerra, inarrestabile.

Un’orgogliosa paura dal petto tronfio. 

Una vera stronza.

Una potente sorgente di malessere.

Un’impetuosa soggiogatrice.


Nessuno prendeva Paura per il culo. Era lei ad averlo sempre fatto.


Ma quel 2022 fu un anno davvero incredibile.










Eravamo lì

Mi guardava come se fossi tu.

Mi confortava.

Prendevo nota delle sue parole.


Ma volevo ugualmente scappare. Quel mondo non mi apparteneva più.

Appena distoglievo lo sguardo da me e tornavo ad osservarlo dalla finestra, sentivo di non farne più parte.

Seguiva una direzione che non era più la mia.

Era pieno di malati di ogni tipo.

Era pieno di patologie di ogni tipo. Non riuscivamo a tenere l’elenco aggiornato.


Volevo solo andare al mare. Finché ero lì.


In realtà sarei scappata su Marte, se fosse stato possibile.

Mi aggrappai ancora una volta all’inchiostro, tentando di ingerirlo e farmi benedire da quella sostanza blu che macchiava la mia mano sinistra. La mia “scia del bene”. La mia liberazione. Il mio equilibrio.

Afferravo gli attimi, afferravo il presente, ma non dovevo fermarmi troppo se volevo davvero sopravvivere in quella realtà… e il timore dei semafori della libertà si avvicinava alle nostre porte, con i suoi passi sempre più rumorosi. L’uomo nero del 2o22.

Non sapevamo più di quale —emia si trattasse. Avevano cambiato anche il significato delle parole, le definizioni, i valori dei parametri, ma quella che più mi preoccupava era l’infodemia. 

Una corrente di “informazione” soffiata da venti economici e politici, che non avremmo mai potuto capire fino in fondo. 

Eravamo… no, non voglio dirlo. 

Eravamo lì. Eravamo lì.





mercoledì 6 luglio 2022

A casa

 


A fatica spostai il coperchio del tombino per chiuderlo e scesi giù a nascondermi.

Il cellulare non prendeva sottoterra.

Nessuno avrebbe saputo dove fossi e quei pensieri sarebbero stati liberi.

Ci era rimasto solo quello, ma non tutti l’avevano capito.

Ci avevano visto gioire di nuovo e dimenticare la paura. 

Ci avevano visto emozionarci e fare progetti.

Avevamo fatto un grande falò con il malessere degli ultimi due anni: veloci, lenti, intensi, a tratti soffocanti.

Rischiavamo di essere indomabili. 

Rischiavamo di essere nuovamente ragionevoli.


Quei due anni erano stati una sorta di terapia per me. 

Inizialmente raggomitolata su me stessa, sentendomi vittima e preda, ripresi pian piano ad allargare le spalle.

Imparai a tagliare i rami secchi. Rispolverai l’anima e ballai con il cuore in meravigliosi passi a due, anche da sola. 

Il presente diventò così fitto e così pieno di me, che me ne innamorai.

Vidi con un nuovo sguardo i veri strumenti del potere e mi fu chiaro che potevo spegnerli con un clic, almeno in buona parte.

Non mi avrebbero piegato di nuovo nel terrore.

C’era un’energia del bene condivisa con molti. No, non con tutti. 

Ci eravamo ritrovati.


Mi si accesero gli occhi come fossero fari e iniziai a camminare, bagnandomi le suole ad ogni passo. Ero al sicuro. Solo questo contava. Non sentivo alcun odore di fogna. Ero libera.


Percorsi centinaia di metri, sicura che avrei incontrato altri come me.

Arrivò nel cervello “Play dead di Bjork ad urlarmi che fingere di essere morta potesse ammaliare il sentire quel dolore del mondo.

Seguirono poi i rimproveri della prof di filosofia di vent’anni prima “La devi smettere di fare la madre universale, non puoi! Devi pensare a te! Devi essere più egoista!”.


Stavo pensando a me, stavo pensando a me.


Ma quanto avrei voluto avere un megafono! Avrei voluto tenere “lezioni del bene” in radio e in tv, in diretta streaming ovunque. Avrei voluto puntare l’attenzione sul malessere civico delle frustrazioni non curate, dell’agonia di essere sottoposti ogni giorno a tutte quelle finte vite dei vincitori dell’apparenza, delle inutili lotte che ci hanno illuso di portare avanti con una tastiera e una buona grafica.


Avrei fatto meditazione ogni mattina con tutto il mondo, all’alba, in un tempo lento e riservato solo agli occhi interni e al respiro lentissimo per riprendere consapevolezza di noi come singoli, prima di essere parte di un tutto. Questo TUTTO ormai percepito SOLO attraverso device. Che fine di merda stavamo facendo…

Avevamo così tanto tra le mani ed eravamo distratti, perennemente distratti, spesso a sbirciare nelle vite degli altri per passatempo.


Purtroppo quest’attitudine all’utopia non si era placata nonostante la —demia.


E le ultime bandiere arcobaleno sventolate per la pace mentre continuavamo a fingere con chi avevamo a pochi passi, mi avevano fatto capire ALTRO. Ancora.

Ecco perché preferii andare sotto terra.

Avevo visto troppo.

Avevo sentito troppo.

Mi ero preoccupata troppo.


Ma avevo una foga di vivere che andava oltre ogni topo incontrato in quel buio. Mi sentivo al sicuro.


Sentii in lontananza, ma sempre più vicina Svanire di Einaudi e mi ritrovai a casa.






sabato 11 giugno 2022

Lettera dal cuore al cervello

Ritrovata tra gli ultimi ricordi che ho davanti al mare. 

La canzone da ascoltare prima di leggere è questa qui: Twice di Ludovido Einaudi. 



LETTERA DAL CUORE AL CERVELLO

Devo parlarti ed è importante, ma so che sei molto indaffarato in questo periodo, allora intanto ti scrivo. 

Trova il tempo oltre il lavoro, di notte, quando il mondo è spento per leggere questa lettera, ma ti prego di farlo il appena possibile. 


Conosci bene tutto quello che abbiamo vissuto insieme a questo corpo e la storia dell'essere umano di cui facciamo parte. Ma ti sei accorto del tempo che sta passando? 

Sono molto preoccupato. 

Preoccupato perché io mi sto impegnando, davvero. Le invio battiti più forti e intensi per ricordarle che esisto. 

Le faccio notare le cose belle cambiando il mio ritmo, ma anche quando sono STRAORDINARIE... lei si spaventa, non si fida. Lei non riesce a fidarsi. 

Sappiamo entrambi perché ma dobbiamo lavorare insieme per darle un'altra possibilità: dobbiamo essere suoi complici. 

Quindi, cervello, ti chiedo di aiutarmi a darle la possibilità di FIDARSI. 

Devi ammorbidire i suoi pensieri e quando senti che accelero (come raramente capita) devi abbassare il livello di attenzione, ridurre lo stress e riportare la sua mente a quando aveva 15 anni: non deve avere paura di amare, né di essere tradita e non deve avere la sensazione di doversi proteggere. 

Ci vogliamo provare? 

Sappiamo entrambi quanta vita scorre in queste arterie e quanto amore stia cercando il suo "luogo" per fluire, ma inizio a temere che ci sia bisogno di un lavoro di squadra per arrivare al traguardo. 


Qualcosa sta accadendo, dobbiamo spianarle la strada. 

Ieri ho parlato con gli occhi e mi hanno detto di aver incontrato due simili e aver instaurato una fortissima connessione, di quelle rare. È successo solo due volte, ma l'intensità era sovrumana, quasi ingestibile distinguere l'inizio e la fine di quel flusso di energia. 


Allora sono andato dallo stomaco per chiedergli come stessero le farfalle. Ha confermato: la gabbia si è spalancata e hanno iniziato la danza fluida dell'Incanto. 


Sono corso ad interrogare le corde vocali e ho trovato conferma anche da loro: la produzione di vocaboli è andata in blocco. 

Sono rimaste senza parole. Ma te le immagini??? Non capita mai! 

Loro che hanno sempre da gestire, placare, mediare, rassicurare e trovare risposte, sono state destabilizzate. Hanno avuto la prontezza di mandare un messaggio alla bocca per chiederle di intervenire con un sorriso, sperando di distrarre, recuperare tempo e contenuti da elaborare… ma non ne hanno trovati. 


Anche tu lo senti quel pianoforte che suona e risuona di continuo la stessa melodia? 

Aspetta che hanno suonato al campanello… 

Era la bussola olfattiva: voleva dirmi che ha registrato una forte virata verso CASA. Hai presente dov'è? 

Forse nel tuo modo di elaborare le informazioni è solo un luogo composto da 4 mura in cui ci si sente a proprio agio fino ai 18 anni circa, ma per me è quel "non luogo" dove ognuno brama di tornare, dopo aver lasciato le 4 mura fisiche che conosci tu. 


Gli esseri umani vivono per quello, anche se molti non lo ammettono nemmeno a se stessi. A noi però lo hanno insegnato a scuola e tutti i cuori lo sanno: CASA è dove puoi fidarti, dove ti amano senza chiedere nulla in cambio, dove fanno il tifo per te, dove conoscono le tue debolezze e non le colpiscono, ma non mi dilungo oltre, altrimenti non capiresti più il mio linguaggio. 

I polmoni hanno anche registrato e monitorato il raro RESPIRO DEL CONFORTO, allora adesso è chiaro: questa persona che ha incontrato sta provando ad accarezzare le paure dell'essere umano di cui facciamo parte.

 

Dobbiamo puntare alla produzione di endorfine per trasmetterle sicurezza e affidabilità. 

Ti prego cervello: diamole la possibilità di FIDARSI ANCORA UNA VOLTA, AMARE e LASCIARSI AMARE. 

Con ago e filo ricuciamo insieme a lui il suo cuore lacerato e indirizziamo verso l'amore questa vita per cui lavoriamo ogni giorno. 

Io sento che ce la faremo, altrimenti credimi: non ti avrei disturbato. 


E poi guarda cosa mi ha lasciato il registratore di memoria, l'ha trovato sulla sua scrivania:


"Sfilò il cuore dalla fondina con gli occhi e lo accarezzò con le sue mani.

Rimasi incantata a fissarlo, pregando che non mi colpisse, che non mi facesse male, pregando che

fosse tutto vero.

Avevo voglia di restare.

Avevo voglia di baciarlo e stringerlo e toccarlo e impregnarmi del suo profumo e di quello sguardo che

mi trapassava.

Sembrava un incantesimo.

La musica iniziò a farsi sempre più forte e con il ritmo ero tutt’uno.

Ma la bocca taceva, ero troppo impegnata ad ammirare quella realtà e a combattere la paura con quella

nuova e misteriosa voglia di lasciarmi andare e fare la cosa più bella che potessi tornare a fare:

FIDARMI."


Sono anni che me ne stavo zitto ad osservare, ma adesso sento che ci siamo: è il momento di tornare ad amare! 


Aspetto al più presto una tua risposta, ti mando un forte abbraccio

Cuore 


lunedì 30 maggio 2022

Il confine sottile tra resistenza e strafottenza

Il confine sottile tra resistenza e strafottenza.


Fammi male se è l’unica cosa che sai fare con le emozioni.

Se non sai viverle, assaporarle, stringerle e rischiare.


Fammi male se è l’unico modo che conosci per sentirti più grande, ti aiuterà a stare meglio nel tuo microcosmo putrido di falsità.


Mentre ammuffisce la tua gioia e si spegne ogni candela

quando il sole più pallido ti scotterà la pelle 

quando l’amore avrà solo le sembianze di un ricordo lontano

quando l’apparenza è l’unico fiume in cui ti bagnerai

quando il tempo sarà solo scandito dal guadagno


Io sì, abbraccerò di nuovo la delusione, ma anche la consapevolezza di essere ancora umana e viva. 

VIVA.



MA IN QUANTI SIAMO RIMASTI A DARE UN PESO ALLE PAROLE?

Di quanta gente è composta la tribù della spontaneità?

E quante sono le comparse in questa scenografia?

Ci si riconosce.

Non ci si riconosce.

Si afferra, si sente, si finge.

Si finge, si parla, si finge.

Si prova, si guarda, si finge.

Si parla, si parla, si parla, si finge.


E tu da che parte stai?

Da quella delle mani intrecciate, accarezzate, strette.

Da quella degli occhi senza filtri.

Da quella di chi vuole ancora sentire il battito e il respiro.


Noi rischiamo. Lo sappiamo.

Non lo sappiamo mai abbastanza.

Siamo VIVI. Ancora qui.


Al chiaro di Luna.





domenica 22 maggio 2022

L’amore è il NONOSTANTE TUTTO.

 L’amore è il NONOSTANTE TUTTO.

Incomprensioni. Lacrime. Ferite. Lacrime. Abbandoni. Rabbia.

Freddo.


Per quanti anni ho sentito freddo. 

La certezza delle quattro mura frantumata.

Ho perso ogni odore di casa.

Ho dimenticato i dettagli.

Ho finito per non riconoscermi più.

Persa.

Sballottata.

Passi portati avanti per necessità.

Direzione senza alternativa.


Anni silenziosi e cuori spenti.

Non sentire era una protezione.

Congelato ogni dolore.

Zittito ogni strazio.

Ammutolito ogni lamento ripetuto.


Perso il senso dell’orientamento.

Perso l’olfatto.

Perso il sentimento.

Incatenato l’ottimismo.

Imbalsamata la curiosità.

Oscurata la luce.


Ho camminato per anni senza me. Poi mi sono arresa all’amore e alla mancanza e abbiamo percorso insieme nuovi anni con nuove noi.

Il Cammino del Perdono. 

La rinascita.

La crescita.

Madre di me e ancora di te.

Non conosco altro.

Ogni tanto torna il vento del tuo odore e mi manchi nonostante tutto. 

L’amore è così, non ha alcun senso perché non ragiona. Esiste. È. Prende la scena.


Ma la luce si è riaccesa e quando ci penso mi stupisco (ancora) di me.

Dovrò solo riabbracciare la fiducia, tutta.

Tutto serve, tutto insegna.





Madre di me, ora solo questo conta.



… nunn agg maj capit buon comm’agg fatt a me salvà…

Ricordi bruciati dall’umidità. 

La mente è selettiva, per salvarti.

Ci sono alte capacità di sopravvivenza dentro di noi, molto più di quanto possiamo immaginare. 


(per fortuna)


La mia parte superficiale ha tenuto solo il buono. 

Ha tenuto il tuo sorriso. 

Ha tenuto le mani. 

Ha tenuto l’amore.


(per fortuna)


La VEA non fa miracoli per alcune cicatrici.

Capitoliamo contro il muro ancora crepato e tutto torna a galla.


“Ma come hai fatto”

“Ma come ho fatto?”


E perché è sempre tutto così pulito e in ordine? Madre di te, di me.


“E quando arriva quel cuore?”

“Ti ha chiamato poi? Ah, no, è impegnato. Dai però c’è un’evoluzione intanto, meglio dell’ultimo, sei sulla buona strada”

“Ma cosa vuole dirmi il karma?”

“Hai controllato i desideri?” 

“Sì, ma bisogna misurare i battiti, serve un altro incontro, almeno uno. Intanto stiamo smussando gli orgogli”

“E quella lettera?”

“Si sono commosse tutte… allora siamo sulla strada giusta. Ha ripreso le ali. Siamo pronti.”



… nunn agg maj capit buon comm’agg fatt a me salvà… 




giovedì 19 maggio 2022

Eri così.



C’è un’aula di una scuola, alle falde del Vesuvio intitolata a te, che però avevi chiamato “come me”.

Forse è tutto un flusso. 


C’è stato un campanello stasera nell’anima e solo molte ore dopo, quando sono andata sul tuo profilo Facebook per immergermi nei ricordi, ho realizzato che manca poco all’ennesimo anniversario della mancanza del tuo corpo e del tuo sorriso nella nostra quotidianità.

Delle tue “cofecchie”, delle sigarette continue, delle unghie coloratissime sui piedi abbronzati, delle tue acque profumate, del rossetto immancabile, della tua testolina violacea, delle telefonate ad ogni ora, dei telefilm “a piett ‘e cor”.

Di collane pesantissime portate come se fossero piume. 

Di parole sempre pronte a sfondare ogni portone.

Di lunghe risate e sfottò. 

Di ennesimi regali inutilissimi ma acquistati come se fossero necessari per la sopravvivenza.

Di cene elaborate e trascritte su ricettari infiniti, diventati di tuo grandissimo interesse, dopo averci fatto trascorrere un’adolescenza di surgelati e piatti pronti. (rido)

Di orecchie seppur stanche e talvolta fischiettanti e piene di ronzii, sempre disponibili all’ascolto.

Di ginocchia scricchiolanti che non volevano smettere di camminare.

Di silenziosissime paure nascoste sotto al letto.

Di errori incomprensibili agli occhi di molti, soprattutto ai nostri, con la grande meraviglia e disperazione di chi incassa il colpo, si spezza e crede di morire, ma poi si rialza… solo per amore.

Di emozioni ubriache di vita.

Di instancabile voglia di vivere.


Eri così.



E sai una cosa? Un amico (inconsapevole) mi ha regalato 3 piante per il balcone: 2 sono girasoli. I tuoi fiori preferiti. Li ho chiamati Tina e Nanninella, così, giusto per ridere.

Ci manchi assai.



martedì 17 maggio 2022

Le AMICHE, le ANCORE.

Ci siamo trovate, innamorate, poi perse. 

Poi ritrovate, abbracciate, capite bene e capite male.

Però siamo ancora qui. Ancore, ancora.


Il viaggio della vita, i giorni in cui vorresti solo fermare il tempo, il male, le malattie, le paure e spremere il succo dei sogni più belli e vedere solo quelli.

Accompagnare per mano tutti gli affetti e non lasciarli mai. Stringerli ancora, ancore.

E invece cresci e devi imparare a fare compromessi con gli impegni, le responsabilità e quel tempo, quel tempo che va avanti, senza la tua approvazione.

Cresciamo.

Amiamo ancora, ancore.

Lasciamo andare, per forza. 

Ci commuoviamo, per forza.

Perché siamo VIVE. Ancora. Nonostante tutto.

Le vostre lacrime sono anche le mie e le mie anche le vostre.

Forse le nuove vite fluiranno nell’energia universale di cui dimentichiamo troppo spesso di far parte. Saranno quelle a ricordarci che tutto scorre… perché tutto vive e continua a vivere, attraverso le nostre mani e quei pezzettini di DNA che ci trasmettono.

Ancore, siamo ancora qua.





E come ci diceva il nostro prof preferito: "Metti in circolo il tuo amore..."


giovedì 12 maggio 2022

Social media - b-side

 L’immorale giustizia social(e).

La malcapitata ingenuità.

L’affamata notorietà.


La ricca esistenza priva di filtri.


La disarmante solitudine ostentata da filtri glamour.


L’ancorata speranza di verità.


L’inquietante onnipresenza.


L’insana condivisione perenne.


I messaggi privi di contenuto.


Il respiro corto.


La luce blu.


Gli occhi stanchi.