domenica 1 marzo 2020

Il cielo che non c'è

Sono ancora qui.
Non riesco ad essere diversa.
Mi fanno tristezza le persone che vivono in bolle di apparenza aggressiva.
Talmente aggressiva che perdono la bussola. 
Poi ogni tanto bussano alla mia porta in cerca di conforto.
Sto mettendo l’antifurto, lasciando la segreteria attiva…

Sono ancora qui e non riesco proprio ad andarmene perché mi fai stare bene, mi ricordi il buono che c’è in me.
Mi ricordi la mia debolezza e ti adoro per questo perché mi fai sentire viva.
Si fa fatica a riconoscere la bellezza.
Si ha timore ad apprezzarla.

Mi chiedo cosa mi diresti stasera. 
Mi chiedo cosa mi consiglieresti, ma già so che non ci sarebbero risposte di comportamento, magari solo di un cambio di punto di vista.
Ma ci sono certe sere che fatico a non avere paura di questa società.

A volte questo società mi spaventa giù di ogni possibile virus.

Viviamo in bolle di vacuità, sempre di corsa.
Vorrei uno sguardo che mi mettesse in imbarazzo, senza via d’uscita.
Non è la società che fa per me, ma in quanti siamo a pensarla davvero così?

Questa è solo una parte del mio pensiero, l’altra la tengo per me.

Solo l’amore in tutte le sue forme può salvarci e stasera mi manca il tuo.
Sì, ci sei, in qualche modo e da qualche parte ci sei, ma non è lo stesso.

Vorrei solo ficcarmi per qualche ora nel passato, risentire l’odore di casa, sentirmi a casa e poi riprendere il cammino.
Scorgere gli ambienti nostri, le tue mani, le certezze che non ho più, forse avrei solo bisogno di rispolverare qualche ricordo e sentirlo vivo per un po’, sentirmene parte ancora per un altro po’.
Forse è un bene che tu non ci sia più e non stia assistendo alla follia degenerante che imperversa.

Forse ci vorrebbe un cielo stellato… e l’obbligo per tutti di alzare la testa.


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