venerdì 13 novembre 2009

Se mi chiamassi Antonio De Curtis intitolerei questo post "A LIVELLA"

E' interessante notare come in alcune situazioni si abbattano tutte le stratificazione di classe sociale, ceto, razza, età e chi piu' ne ha piu' ne metta. Mi ha ricordato un po' l'essere sul Cammino di Santiago, esperienza che consiglio a chiunque ancora non l'abbia fatta...

La corsia di un pronto soccorso, l'ora tarda...chiunque si trovi lì è perchè ha un malessere o perchè accompagna qualcuno.
In veste di accompagnatrice mi sono trovata in quest'ennesimo "mondo parallelo" rinchiuso in porte scorrevoli. Vige la legge del "colore dei codici" a seconda della gravità dei pazienti e non ho assolutamente nulla da obiettare a riguardo.

Ci bombardano con telefilm dove tutto accade in fredda e le circostanze si evolvono in maniera repentina sia dal punto di vista medico che da quello emotivo/emozionale.

La realtà è un po' diversa naturalmente.
Si ha il tempo di osservare gli sguardi di chi aspetta ed è solo e le espressioni facciali che mutano alla vista della persona che esce da un ambulatorio..la preoccupazione cede il passo a sorrisi spesso stentati, ma comunque sorrisi di conforto e sostegno che gridano "io ci sono, io sono qui, non temere, andrà tutto bene"..

E' un viavai di storie di vita...altro che telefilm...

Una donna anziana sdraiata in barella che prega la Madonna affinchè l'aiuti...ti chiedi cos'ha ma non lo saprai mai...

E' tremendo come in un istante possa cambiare tutto...
E' tremendo come troppe persone erano lì perchè le ansie provocate dalla vita e dagli stress si sono tramutate in malesseri fisici...è tremendo che l'attuale situazione di questa società faccia crollare mondi e castelli costruiti con sudore per anni.
E' impossibile rimanere impassibili a tutto questo.

Possiamo stare a parlare per ore...per ore, davvero...a cosa servirebbe?
Servirebbero delle grosse mani, calde mani per poter accarezzare cuori su cuori, carezze lunghe e infinite che tranquillizzerebbero le anime, che focalizzassero poi l'attenzione su altre cose che potrebbero bastarci per essere unpo' piu' sereni.

Il problema è che ci hanno cresciuto inculcandoci ideali/obiettivi di realtà che ora sono distanti da questa Italia.

Una delle parole che fa piu' "scena" ai colloqui di lavoro è FLESSIBILITà...una parola che ha troppe denotazioni...eppure se ci fosse una classifica delle cose da dire ai colloqui per cercare di essere assunti secondo me sarebbe al primo posto: FLESSIBILITà!
E' un sinonimo di disponibilità al cambiamento, al trasferimento, ecc ecc...insomma: tutto quello di cui "POTRESTE aver bisogno signori miei...".
Questo spesso esclude i personali problemi/obiettivi/scopi/mutui salati...and this is the real problem.

Intanto...è così...ormai è una battaglia...e bisogna essere pronti a tutto...cambiare lavoro, cambiare città, cambiare casa, cambiare le proprie abitudini insomma...eravate abituati a pensare al futuro?? Forget it! Dimentica! Non si puo' piu' guardare troppo in là, è tutto un grande punto interrogativo e bisogna rivoluzionare il nostro pensare...se non si vuole finire al pronto soccorso, se non si vuole che il corpo si blocchi, rattrappito dal contrarsi di ogni cosa al suo interno.

Mio padre dice sempre che "l'uomo è un animale da abitudine" e ha proprio ragione...

La questione è che dobbiamo essere FLESSIBILI e pronti a cambiare le nostre abitudini all'occorrenza.
Nada mas. Niente di piu'.

Io credo che la chiave di tutto sia nel cambiare il punto di vista con il quale si guarda la realtà. Perchè ci sono cose che non dipendono da noi, allora per non impazzire in attese e incertezze, possiamo SOLO cambiare la maniera in cui guardarle e viverle.
E andare avanti. Alternativa non c'è. E non è detto che sia un male, anzi! Possiamo continuare a crescere e a stupirci anche di noi vivendola in questa maniera.

Certo, non sarà sempre facile...ma quando si esce dall'inferno con le proprie gambe dopo ci si sente anche piu' forti o per lo meno piu' consapevoli di se stessi ed è una gioia conoscere parti di se stessi che prima di quel momento non si conoscevano.
Aiuta a capire che non c'è cosa piu' sbagliata in noi del PORSI LIMITI, è la cosa peggiore che possiamo fare, è la lancia piu' grossa che potremmo autoinfliggerci.

Viviamo questa società come una maniera per metterci alla prova.
Cercando di ricordare che noi siamo quelli che siamo immaginando di essere NUDI...noi siamo quello prima di ogni altra cosa..prima dell'essere un avvocato di successo piuttosto che una persona che fa le pulizie. L'etichetta è secondaria, l'etichetta è solo una stupida etichetta.

Noi siamo altro e non mi stanchero' mai di pensarlo e dirlo.

Ho passato una sola notte in quella corsia del pronto soccorso, ma mi auguro davvero che anche stanotte e quelle che verranno non accolgano tutte le persone che ho visto e sentito essere lì per attacchi di ansia/panico per motivi di lavoro/economici causati da quest'Italia sempre piu' in bilico.

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