La fermò prendendole entrambe le braccia e la guardò dritto negli occhi.
Lei alzò lo sguardo e fece lo stesso.
Immobili e soli in quella strada, non avevano bisogno di dirsi troppo.
Lei aveva inteso che il suo era un modo di fermare quei brutti pensieri: non avevano motivo di percorrere quella direzione.
Lui esordì: “Se c’è bisogno che ogni tanto io venga qui a ricordartelo, lo farò, basta che me lo chiedi”.
Lei accennò un sorriso e poi una leggera e lenta lacrima subito dopo.
Si abbracciarono, come in quella notte di 20 anni prima, poco prima che lui partisse per costruire la sua vita in Sud America.
Respirarono profondamente per alcuni istanti.
“Io sarò sempre casa tua e tu sarai sempre casa mia”
“Non importa dove siamo geograficamente collocati”
“No, non è mai importato”
Lei riprese con un ritmo più veloce di lacrime e accennò un sorriso ricco di consapevolezza… e una lieve amarezza. Quelle braccia non l’avevano mai giudicata. Quelle braccia avevano sempre saputo accoglierla. E quegli oceani di distanza li risentì addosso tutti, di colpo.
“TI ricordi quando ci facevamo un sacco di domande sulla vita e cercavamo altrettante risposte? Secondo te ne abbiamo poi indovinata qualcuna?”
Lui rise di gusto e la riabbracciò più forte. Poi si staccò un attimo da quella certezza e le mostrò il polso con sopra il tatuaggio dell’iniziale del suo nome. Lei lo guardò e sorrise, arrossendo per un attimo.
“A volte credo che il problema sia stato ricevere troppo 20 anni fa… come fanno a reggere il confronto?! Scherzo, mi accontenterei di molto meno in questa società senza respiro. Però la nostra canzone mi rincuora sempre… ci siamo promessi di prenderci cura di noi, anche se le nostre strade si fossero separate… e io manterrò la promessa, perché una promessa è una promessa.”
“Ti basterà chiamarmi, ok? Io vengo”
“Grazie”
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