Avevano accordato anche quella sera i loro strumenti: ognuno con la sua droga.
Risultavano agli occhi di molti come incapaci di vivere e ancora peggio: incapaci di accettare se stessi ed essere se stessi.
Ma quella notte… li vidi con occhi diversi.
Nella penombra di una fresca Luna calante trovammo il denominatore comune:
dovevamo domare il sentire per non impazzire.
Ognuno aveva i suoi demoni da tenere a bada.
La Signora Solitudine, la Padrona Ansia, La Lacerante Dea del Dolore della Perdita di un Amore, il Conflitto Genitoriale, L'Ingrassata Noia: erano solo alcuni dei protagonisti delle nostre menti e quella società che ci chiedeva di andare a 300 all’h poteva finalmente rallentare.
Il tempo non c’era più. Non ce ne fregava un caxxo delle lancette.
C’era un ritmo condiviso che ogni tanto i corpi seguivano.
Era un rito liberatorio.
Era un’energia che prendeva tutto lo spazio disponibile.
Il cielo era nero e ci piaceva così. Potevamo nasconderci meglio dal mondo.
Ogni immagine si affievoliva fino a perdere i confini, ma soprattutto la valenza.
Avevamo tutti bisogno di smascherarci per un po’ e sentirci leggeri.
Ognuno a modo suo.
Non c’era passato e non c’era futuro.
Era perfetto.